Editoriale

Tutto fa business: quando i medici consigliavano le sigarette

Negli anni Venti, il consumo di sigarette negli Stati Uniti era in rapida espansione, trasformandosi in un’abitudine sempre più diffusa. Tuttavia, le donne erano ancora escluse da questa tendenza, almeno pubblicamente, nonostante i progressi verso l’emancipazione femminile. Fumare in pubblico rimaneva un tabù per loro, tanto che nel 1922, a New York, una donna fu arrestata per aver acceso una sigaretta per strada. Questo limite culturale rappresentava un’occasione mancata per l’industria del tabacco, che intravedeva un enorme potenziale di guadagno in quel segmento di mercato.

Per conquistare le consumatrici, nel 1928 il presidente dell’American Tobacco Company, George Washington Hill, si rivolse a Edward Bernays, pioniere delle Pubbliche Relazioni e nipote di Sigmund Freud. Bernays sfruttò i principi della psicologia applicata per creare campagne persuasive che agissero sull’inconscio. Puntò sull’associazione tra il fumo e l’indipendenza femminile, diffondendo l’idea che fumare sigarette fosse un gesto di forza, libertà e modernità. Questa strategia trasformò il fumo in un simbolo di emancipazione per le donne, un’immagine rafforzata ulteriormente dai film di Hollywood. La campagna fu così efficace che la Philip Morris adottò successivamente un approccio simile per attrarre il pubblico maschile, lanciando il celebre cowboy Marlboro come icona di virilità.

Negli anni Trenta e Quaranta, le aziende del tabacco cambiarono strategia e iniziarono a utilizzare i medici come testimonial per promuovere i loro prodotti. Poiché il legame tra fumo e cancro ai polmoni non era ancora noto, le compagnie sfruttarono il “Principio di Autorità”, coinvolgendo i medici per garantire credibilità ai loro messaggi pubblicitari. I cartelloni dell’epoca mostravano spesso medici che consigliavano specifiche marche di sigarette, descrivendole come meno irritanti per la gola o addirittura salutari.

Anche in questo ambito, Bernays si dimostrò un precursore. Già qualche anno prima, aveva orchestrato una campagna per promuovere la colazione a base di uova e pancetta, convincendo un gruppo di medici a dichiarare che si trattava di una scelta nutriente e salutare. I risultati di questo sondaggio “scientifico” furono diffusi a migliaia di colleghi e al pubblico, trasformando la combinazione di bacon e uova in un pilastro della cultura alimentare americana.

Un approccio analogo venne adottato nel 1930 dall’American Tobacco Company, produttore delle Lucky Strike. La compagnia dichiarò che 20.679 medici sostenevano che le loro sigarette fossero meno irritanti per la gola. Per ottenere questo dato, inviarono cartoni di sigarette ai medici accompagnati da una lettera che chiedeva se ritenevano il prodotto meno irritante rispetto ad altre marche. Le risposte positive furono utilizzate come prova scientifica per le campagne pubblicitarie.

Nel 1937, Philip Morris fece un ulteriore passo avanti, promuovendo uno studio pubblicato sul Saturday Evening Post. La ricerca, sponsorizzata dall’azienda, sosteneva che i fumatori passati ai loro prodotti avevano riscontrato miglioramenti alla gola e riduzione dell’irritazione.

Tuttavia, verso la metà degli anni Cinquanta, quando iniziarono a emergere prove scientifiche sul legame tra fumo e cancro ai polmoni, le aziende dovettero rivedere le proprie strategie. Il coinvolgimento dei medici come garanti della sicurezza delle sigarette perse credibilità, costringendo i produttori di tabacco a cercare nuove modalità di promozione per mantenere i propri profitti.

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