La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha stabilito che la coltivazione di due piante di cannabis per uso personale non costituisce reato. Secondo i giudici, si tratta di una mera attività domestica finalizzata ad ottenere una piccola quantità di sostanza per uso personale.
Il giudice ha escluso la configurabilità del reato di detenzione a fini di spaccio di marijuana, previsto dall’articolo 73 del DPR 309/1990, e ha ritenuto non punibile la condotta di coltivazione in base al principio della particolare tenuità del fatto. Questa decisione conferma l’importanza di una valutazione caso per caso, tenendo conto delle circostanze concrete e dell’effettiva pericolosità sociale del fatto.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la sentenza di condanna per coltivazione di cannabis è illegittima. Secondo l’imputato, la coltivazione domestica a scopo esclusivamente personale non configura il reato previsto dalla legge, in quanto manca il requisito della tipicità. Inoltre, ha contestato la mancata applicazione della scriminante dello stato di necessità, sostenendo di aver coltivato la cannabis per uso terapeutico.
Il principio di tutela giurisdizionale garantisce a ogni imputato il diritto di far valere le proprie ragioni in giudizio. Pertanto, anche quando una sentenza non comporta conseguenze pratiche immediate, l’imputato ha il diritto di impugnarla per ottenere la rimozione di una condanna che ritiene ingiusta, ad esempio per ottenere la cancellazione del reato dal casellario giudiziale.
La Corte di Cassazione ha stabilito che la coltivazione domestica di cannabis per uso personale, se effettuata in modo limitato e senza finalità di spaccio, non costituisce reato. Secondo la Suprema Corte, infatti, tale condotta non presenta i caratteri tipici di un reato, in quanto manca il dolo di favorire il traffico illecito di stupefacenti (Cass. pen., Sez. Un., 19 dicembre 2019, n. 12348).
Considerata la natura esclusivamente domestica e personale della coltivazione, caratterizzata da modalità rudimentali e da una quantità di piante davvero limitata, si ritiene che l’imputato non abbia inteso dar vita ad un’attività di produzione finalizzata allo spaccio. La destinazione del raccolto ad un uso personale, unitamente all’assenza di elementi che possano far pensare ad un coinvolgimento in un contesto di illegalità, rende questa condotta penalmente irrilevante.
CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N. 2388/2022