Editoriale

La dissonanza cognitiva nella percezione del pericolo: l’OMS conferma i danni dell’alcol

L’ipocrisia nella percezione sociale dell’alcol e della cannabis: un’analisi critica

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), anche un solo sorso di alcol può avere effetti dannosi sulla salute. Questa affermazione è supportata da una vasta gamma di studi scientifici che evidenziano i rischi significativi, sia a livello fisico che mentale, derivanti dal consumo di bevande alcoliche, indipendentemente dalla quantità assunta.

Nonostante ciò, l’alcol gode di un’accettazione sociale e culturale che lo rende onnipresente nei mezzi di comunicazione e nella quotidianità, al punto che il suo abuso viene spesso banalizzato o addirittura celebrato. È frequente, ad esempio, ascoltare in programmi radiofonici o televisivi battute leggere sul bere eccessivo, come quando a un ospite in collegamento viene chiesto ironicamente: “Come mai non sei ancora ubriaco?” . Questo tipo di linguaggio è socialmente accettato e non genera alcuno scandalo.

Se, tuttavia, la stessa ironia fosse applicata alla cannabis – con una domanda del tipo “Come mai non sei ancora sotto effetto?” – probabilmente si assisterebbe a un’ondata di indignazione e polemiche mediatiche. Questo diverso nella percezione pubblica delle due sostanze non è frutto del caso, ma il risultato di un condizionamento culturale e politico che persiste da decenni.

L’alcol, pur essendo responsabile di circa 3 milioni di decessi ogni anno a livello globale , è legale, pubblicizzato e ampiamente tollerato. La cannabis, al contrario, non ha mai causato una singola morte documentata, ma è ancora oggetto di una legislazione restrittiva che ne limita il dibattito e la regolamentazione. Questa disparità di trattamento si basa più su convenzioni politiche ed economiche che su un’effettiva valutazione scientifica dei rischi.

Tale situazione riflette un fenomeno più ampio di dissonanza cognitiva collettiva , in cui la distinzione tra ciò che è ritenuto “giusto” o “sbagliato” non si fonda su prove oggettive, bensì sulle decisioni arbitrarie di chi ferma il potere. La società si è abituata a considerare “accettabile” tutto ciò che è legale e “inaccettabile” ciò che non lo è, senza mettere in discussione la razionalità di queste scelte.

È fondamentale superare questa prova e affrontare il dibattito sulla cannabis con un approccio basato sui fatti e non su pregiudizi storici. La regolamentazione delle sostanze dovrebbe essere guidata dalla scienza e dall’interesse collettivo, piuttosto che da logiche politiche e commerciali che favoriscono un’industria a scapito di un’altra.

Roberto D’AponteDirettore Spazio Canapa

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