Nell’ultimo periodo, Tenerife è diventata il fulcro di un’ondata di operazioni di polizia rivolte al cannabis social club, provocando incertezza e preoccupazione tra i membri di queste associazioni. Questa situazione ha generato allarme non solo tra i diretti interessati, ma anche tra coloro che sostengono la regolamentazione e la legalizzazione della cannabis in Spagna a livello internazionale.
Da anni, i cannabis social club di Tenerife rappresentano un modello basato su ambienti sicuri e regolamentati, in cui i membri possono coltivare, consumare e condividere cannabis in modo responsabile. Tuttavia, negli ultimi mesi la pressione dell’autorità è aumentata in maniera significativa. Più di 60 club sarebbero stati oggetto di intervento da parte della polizia, e il numero sembra destinato a crescere.
Sebbene la vendita di cannabis rimanga illegale, questi club hanno offerto ai consumatori un’alternativa regolata e basata sull’autogestione. Questo modello ha trovato maggiore accettazione in regioni come la Catalogna e i Paesi Baschi, mentre a Tenerife e nel resto delle Canarie il contesto appare più problematico. L’espansione del fenomeno ha infatti portato una crescente tensione con le autorità locali.
Gli eventi di Tenerife evidenziano come l’assenza di una normativa chiara e l’ambiguità nell’interpretazione delle leggi possono creare situazioni di conflitto. I cannabis social club, spesso percepiti come una minaccia, subiscono un’intensa repressione e mancano di un adeguato riconoscimento istituzionale. Piuttosto che essere considerati spazi di tutela e integrazione per i consumatori, vengono stigmatizzati e ostacolati nel loro operato.
Questa onda repressiva sta alimentando paura e isolamento, mettendo a rischio il movimento cannabico e rallentando i progressi verso una maggiore regolamentazione e accettazione della cannabis. Molti membri dei club temono che tali azioni possano avere conseguenze negative e durata sulla percezione dell’intero settore. Il caso di Tenerife, inoltre, non è un episodio isolato, ma parte di una più ampia tendenza che coinvolge i cannabis social club in tutta la Spagna.
La situazione evidenzia l’urgenza di promuovere una regolamentazione più chiara e inclusiva della cannabis nel Paese. I social club, nati come spazi di autonomia e responsabilità, si trovano ora sotto attacco e senza tutela giuridica adeguata.
Proprio ieri, però, si è registrata una sentenza favorevole per il presidente di un cannabis club situato nel comune di Adeje, a Tenerife. Un tribunale penale lo ha assolto dall’accusa di reato contro la salute pubblica, stabilendo che il possesso della sostanza sequestrata non rappresentava un pericolo significativo. La decisione è stata presa considerando la quantità confiscata, ritenuta irrilevante.
L’accusa aveva chiesto una condanna a un anno e nove mesi di reclusione, una multa di 240 euro e la distruzione del materiale sequestrato, qualora la sentenza fosse diventata definitiva. La difesa, invece, aveva richiesto l’assoluzione, che è stata infine accordata.
Secondo la sentenza, la quantità confiscata rientrava nei limiti giurisprudenziali dell’autoconsumo e non vi erano dimostrati sufficienti per configurare un reato di traffico di droga. Il sequestro risale al 7 ottobre 2020, quando, intorno alle 17:00, la Polizia Locale confiscò 58 piante di marijuana per un peso totale di 24 grammi, trovate all’interno del locale. Sul mercato nero, la sostanza avrebbe avuto un valore stimato di circa 120 euro.
Gli agenti hanno riferito di aver visto un giovane entrare nel club fumando uno spinello e, nel tentativo di identificarlo, hanno scoperto circa 40 piante di marijuana nella parte posteriore dell’attività, destinate alla vendita di semi, fertilizzanti e fiori.
L’imputato ha dichiarato di essere comproprietario del locale, ma non ha fornito documentazione a supporto della sua affermazione. Tuttavia, la polizia non ha raccolto prove sufficienti per dimostrare un’attività di spaccio.
Per quanto riguarda l’autoconsumo, la Corte Suprema ritiene un limite massimo di 20 grammi al giorno per cinque giorni, con alcune eccezioni per quantità superiori in particolari situazioni. In questo caso, il tribunale ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per sostenere un’accusa di traffico di stupefacenti.