Editoriale

L’esplosione di Gubbio: chiusa l’istruttoria, si va verso la sentenza

Si è conclusa la fase istruttoria del processo relativo all’esplosione del laboratorio di cannabis light a Gubbio, un tragico evento che ha provocato la morte di un giovane di 18 anni e di una donna di 52, oltre a causare gravi ferite permanenti ad altri due ragazzi. Il procedimento proseguirà con l’udienza del 20 marzo, dedicata alla requisitoria del pubblico ministero Gemma Miliani, seguita il 27 marzo dagli interventi delle parti civili e il 10 aprile dalle arrighe della difesa. Con la chiusura dell’istruttoria, il giudice ha formalmente acquisito tutti gli elementi probatori, comprese testimonianze e documentazione.

Gli imputati devono rispondere di accuse pesanti, tra cui omicidio doloso con dolo eventuale, omissione di misure di sicurezza per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, incendio doloso e violazione della normativa sugli stupefacenti per detenzione e cessione illecita di cannabis. Secondo l’accusa, il laboratorio trattava la cannabis con un metodo irregolare per ridurrene il principio attivo e renderla commercializzabile come “light”. Tale procedura, che prevedeva l’uso di sostanze infiammabili, sarebbe stata sperimentale e priva di protocolli standardizzati, aumentando notevolmente i rischi. Inoltre, sarebbero trascurate le misure di sicurezza necessarie per prevenire incidenti.

Sul banco degli imputati siedono cinque persone, tra cui i titolari dell’attività e il proprietario dell’edificio, assistiti dagli avvocati Luca Maori, Monica Bisio, Gervasio Paolo Cicoria e Donato Bugno. Le famiglie delle vittime si sono affidate a diversi legali: i parenti di Samuel Cuffaro, il giovane deceduto nell’esplosione, sono rappresentati dall’avvocato Ubaldo Minelli, mentre i due ragazzi rimasti feriti ei familiari della seconda vittima sono seguiti dagli avvocati Francesca Pieri, Mario Monacelli e Marco Luigi Marchetti.

Inoltre, durante il processo, è emersa un’indagine inaspettata: il sostituto procuratore Gemma Miliani pochi giorni fa ha annunciato alla Corte d’Assise la chiusura delle indagini nei confronti di un ex carabiniere, in servizio all’epoca presso il Nucleo ispettorato, ora accusato di falsa testimonianza e falso. L’accusa sostiene che, durante la sua deposizione relativa all’impiego di lavoratori irregolari nelle aziende Greenvest e Greengenetics, responsabili della gestione del laboratorio, avrebbe omesso di rivelare che sua figlia lavorava senza contratto nel reparto di trimmatura della canapa light.

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