ITALIA

Cannabis e fertilità: il festival delle fake news di Mantovano

Nei giorni scorsi, durante l’Assemblea della Commissione sugli Stupefacenti delle Nazioni Unite, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha associato, senza alcuna prova concreta, l’abuso di fentanyl alla legalizzazione della cannabis. Successivamente, ha continuato a diffondere affermazioni fuorvianti sul tema.

Un’ulteriore opportunità per propagandare notizie false si è presentata in occasione del convegno “Cannabis e Fertilità”, organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dal Centro di ricerca e studi sulla salute procreativa dell’Istituto Scientifico Internazionale Paolo VI (ISI). Nel corso dell’evento, il sottosegretario ha espresso una serie di dichiarazioni controverse e prive di fondamento scientifico, alimentando una narrazione proibizionista ormai superata da numerosi studi internazionali.

È importante ribadire con la massima chiarezza che non vi è alcuna intenzione di incentivare l’uso della cannabis, né di minimizzare i potenziali effetti che un consumo eccessivo potrebbe avere sulla fertilità umana. Tuttavia, le dichiarazioni rilasciate dal sottosegretario Mantovano in merito a questa tematica continuano a risultare inesatte o fuorvianti.

Stigma e propaganda

Una delle prime affermazioni di Mantovano riguarda il presunto legame tra la diffusione della cannabis e la sua presunta “banalizzazione” nella società:

“L’uso della cannabis da decenni è banalizzato e, in alcuni casi, addirittura propagandato. Tale propaganda ha determinato un aumento del consumo.”

Questa affermazione appare priva di riscontri oggettivi. Se esiste una sostanza realmente normalizzata e ampiamente promossa a livello sociale, è senza dubbio l’alcol, il cui consumo è incentivato da pubblicità e pratiche culturali consolidate. Al contrario, la cannabis è ancora soggetta a un forte stigma e a una regolamentazione restrittiva.

Un altro dato citato dal sottosegretario riguarda la diffusione delle sostanze psicoattive tra i giovani. Secondo la Relazione annuale sulle tossicodipendenze pubblicata nel 2023, quasi 960.000 adolescenti tra i 15 e i 19 anni – il 39% della popolazione studentesca – hanno riferito di aver fatto uso almeno una volta di una sostanza illegale. Inoltre, Mantovano ha sottolineato come l’età del primo consumo di cannabis si sia abbassata e come la concentrazione di THC nei prodotti disponibili sul mercato sia aumentata negli ultimi anni.

Tuttavia, questi dati evidenziano piuttosto il fallimento delle politiche proibizioniste. Se, nonostante decenni di repressione e criminalizzazione, il consumo di sostanze stupefacenti continua ad aumentare, appare evidente che l’approccio basato sul divieto assoluto non sta producendo i risultati auspicati. Diversi studi internazionali dimostrano che nei Paesi in cui la cannabis è stata regolamentata legalmente, i tassi di consumo giovanile sono addirittura diminuiti, e si è assistito ad una riduzione del mercato nero e ad un maggiore controllo della qualità dei prodotti.

Droghe leggere e pesanti

Una delle dichiarazioni più controverse di Mantovano riguarda la distinzione tra droghe leggere e pesanti:

“La distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti è antiscientifica.”

I presenti al convegno, fanno notare che tale affermazione è in netto contrasto con le evidenze scientifiche e con la classificazione riconosciuta a livello internazionale. È un dato di fatto che le droghe pesanti, come eroina o cocaina, presentano un rischio significativamente più elevato di dipendenza fisica e overdose rispetto alla cannabis. Anche la letteratura scientifica distingue tra sostanze a forte potenziale di assuefazione e tossicità e quelle il cui impatto sulla salute è decisamente minore e prevalentemente di natura psicologica.

Cannabis light

Infine, il sottosegretario ha ribadito la presunta pericolosità del cannabidiolo (CBD), sostenendo che questa sostanza rappresenti un rischio per la sicurezza pubblica in quanto capace di alterare lo stato psicofisico dei consumatori.

Questa posizione è in netto contrasto con il vasto campo di studi scientifici e con le numerose sentenze giuridiche – tra cui quelle del TAR del Lazio – che hanno confermato l’assenza di effetti psicotropi del CBD e la sua sicurezza per l’uso umano.

Mentre a livello internazionale si assiste a un progressivo superamento delle politiche repressive in favore di modelli di regolamentazione basati sulla riduzione del danno e sulla tutela della salute pubblica, in Italia il dibattito sulla cannabis continua a essere dominato da una retorica proibizionista, priva di fondamento scientifico. L’ostinazione nel criminalizzare questa sostanza e i suoi consumatori appare sempre più anacronistica e scollegata dalla realtà dei fatti.

Rimaniamo fermamente convinti che questa strategia, dettata esclusivamente da interessi politici, abbia un inevitabile termine, chiaramente delineato nel tempo. Coloro che la promuovono, incluso il sottosegretario Mantovano, appaiono sempre più ancorati a una visione superata, suscitando ormai più compassione che autorevolezza nel dibattito pubblico.

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