Il rapporto dell’ANSES (Agenzia francese per la sicurezza sanitaria), redatto a supporto dell’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche), che propone la classificazione del cannabidiolo (CBD) come ‘sospetto tossico per la riproduzione’, ha suscitato numerose critiche e sollevato dubbi sulla sua solidità scientifica e coerenza metodologica.
Il Dottor Ruggero Amato ci fornisce una prima visione complessiva dei motivi per il quale tale studio risulti ampiamente ricorribile, partendo da una premessa:
l’ANSES ha redatto sostanzialmente un documento di opinione, analizzando e strutturando una serie di dati bibliografici per poi dedurne una conclusione.
Il primo punto riguarda i riferimenti metodologici inadeguati: secondo le linee guida dell’OECD, l’unica prova definitiva della tossicità riproduttiva di una sostanza sull’uomo deve derivare da dati clinici diretti sugli esseri umani, non da modelli animali. Gli studi dell’ANSES, invece, si basano esclusivamente su esperimenti animali.
Inoltre, l’OECD raccomanda l’utilizzo della via di somministrazione più comune per il prodotto testato. Poiché il CBD è utilizzato prevalentemente per via topica (cosmetica) in Europa, i test tossicologici avrebbero dovuto riflettere questa modalità, non l’assunzione orale usata negli studi ANSES.
Il secondo punto riguarda i dosaggi sui quali si basa lo studio: si tratterebbe di dosaggi non realistici, (animali:100–300 mg/kg al giorno) i quali sono enormemente superiori rispetto all’assunzione reale umana, che varia tra 10 e 60 mg al giorno, come riconosciuto da enti come FSA (Regno Unito) e TGA (Australia).
Un altro punto fondamentale riguarda i dati di classificazione non rispettati: un documento dell’OECD chiarisce che non si può classificare una sostanza come tossica per la riproduzione in assenza di dati coerenti e di alta qualità. Secondo le associazioni, i dati ANSES sono incompleti, discordanti o di bassa qualità.

Infine, vi sono gli studi citati: molti studi utilizzati da ANSES sono stati effettuati su topi e ratti con dosi e modalità non coerenti con l’uso umano europeo. Inoltre, si contesta l’utilizzo di studi su zebrafish e colture cellulari, non considerabili validi per questo tipo di valutazione.
In conclusione, ricordiamo anche il rapporto dell’OMS del 2018 sul CBD, il quale afferma che la sostanza ha una tossicità relativamente bassa e non ha effetti sullo sviluppo embrionale, anche se la ricerca non è ancora completa.
Al momento, sono in corso ulteriori approfondimenti sullo studio dell’ANSES, nel quale, come abbiamo potuto notare, ci sono diversi elementi da presentare nella fase di contestazione.
Dottor Ruggero Amato – Comitato Tecnico Scientifico di Canapa Sativa Italia