ITALIA

Il Tar respinge il ricorso: il CBD è un farmaco stupefacente

Il TAR ha respinto il ricorso presentato dalle associazioni di categoria, come stabilito nella sentenza pubblicata oggi. Di conseguenza, in Italia le preparazioni orali contenenti CBD sono ufficialmente classificate come farmaci stupefacenti, e vengono inserite nella Tabella dei medicinali – sezione B.

La sentenza si basa soprattutto sul potenziale effetto del THC, una sostanza che può essere presente in tracce all’interno di alcuni oli – in particolare quelli a spettro completo (full spectrum), i quali conservano l’intero profilo chimico naturale della pianta, inclusi cannabinoidi e terpeni. Queste possibili interazioni del THC, sebbene in quantità molto ridotte, hanno rappresentato il fulcro della decisione.

Il Tar conclude: “Il provvedimento adottato risulta appropriato, sulla base del principio di precauzione volto a scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica e per la sicurezza senza dover attendere che sia pienamente dimostrata l’esistenza di THC in tutte le preparazioni e la conseguente effettiva situazione di dipendenza”.

Restano fuori dal perimetro del discorso, invece, le somministrazioni ad uso orale di cannabidiolo ottenuti in laboratorio, ossia da CBD sintetico: in questi casi, infatti, il cannabidiolo si presenterebbe puro, non contaminato dal THC o da altri cannabinoidi.

Il commento degli avvocati Miglio e Simonetti

La decisione, a nostro giudizio, non convince sul “pericolo di induzione di dipendenza fisica o psichica”, presupposto necessario per inserire un composto nella tabella medicinali allegata alla Legge Stupefacenti. Tanto più che gli stessi atti allegati dal Ministero escludevano tale pericolo.

Affermare, invece, che esso sussista soltanto perché la cannabis (in tutte le sue parti) è inserita tra gli stupefacenti risulta un giudizio “debole”, basato su una lettura restrittiva della Legge 242/2016 in contrasto con il diritto europeo che non pone, invece, alcuna limitazione alla commercializzazione della pianta di canapa proveniente dalle sementi certificate, sul presupposto che essa (e tutte le sue parti) non costituisce pericolo per la salute collettiva.

Su queste basi si dovrà impugnare la sentenza innanzi al Consiglio di Stato anche per domandarne la sospensione d’urgenza.

in collaborazione con Tutela Legale Stupefacenti

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