Capire come i diversi composti della canapa lavorano in sinergia ci apre nuove porte per migliorare la salute e il benessere.

L'informazione
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Capire come i diversi composti della canapa lavorano in sinergia ci apre nuove porte per migliorare la salute e il benessere.
Sintetizzato per la prima volta nel 2021, il THCPO è un cannabinoide semisintetico apparso di recente sul mercato verde europeo. Il suo “punto di forza”? Gli effetti, particolarmente potenti e duraturi, secondo le prime analisi. Capiamo meglio cos’è, come agisce e quanto è sicuro per i consumatori.
Nonostante la documentata sicurezza del CBD, c’è una questione -non secondaria- ancora dibattuta nell’ambito della comunità scientifica: la possibile conversione del CBD in THC, in particolari condizioni di utilizzo.
Ricerca, formazione e caratterizzazione dei prodotti che hanno come base la cannabis. A questi scopi sarà finalizzato il nuovo centro Core-C, nato dalla collaborazione fra tra la Farmalabor srl, azienda impegnata in Italia per l’innovazione nel settore della cannabis medicinale, autorizzata dall’Agenzia italiana del farmaco a produrre estratti dalla pianta, il dipartimento di farmacia e scienze del farmaco dell’Università degli studi di Bari.
La sua sintesi avviene attraverso un processo di idrogenazione, in cui vengono aggiunti quattro atomi di idrogeno alla struttura del CBD. Questo modifica la configurazione chimica del cannabinoide, trasformandolo in una versione più potente e con proprietà differenti rispetto alla molecola di partenza. È importante sottolineare che l’H4CBD non è semplicemente una variante del CBD, ma una nuova entità chimica con caratteristiche uniche.
I terpeni sono composti organici volatili (COV) che si trovano in natura in diverse piante, tra cui la Canapa, gli agrumi, il pino e la lavanda. Sono responsabili dei profumi e degli aromi distintivi di queste piante. Nella Canapa, in particolare, combinati con i metaboliti (CBD, CBG, CBC ecc) hanno svariate proprietà benefiche.
La ricerca, condotta da un team di studiosi dell’Arizona State University e dell’Università di Pittsburgh, ha seguito i partecipanti per un arco di circa 20 anni. Nella prima fase, sono stati selezionati 1.000 adolescenti, classificati in quattro gruppi in base ai loro livelli di consumo di cannabis tra i 13 e i 19 anni, da chi non ne faceva uso a chi ne faceva un utilizzo quotidiano.